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Pupazzo di neve, di Gianluca Ferrari

Pupazzo di neve, di Gianluca Ferrari

Pupazzo di neve

di Gianluca Ferrari



Dal precipite candore, da piccole mani

che vogliono addolcire l'impeto del misterioso

manto, figlio del bimbo e della tormenta

(entrambi anelano una forma) sorge il pupazzo;

come spaventapasseri del bianco sorveglia

se stesso e il magico gelido campo

di cristalli silenti (forse è l'infanzia

che tenta una difesa inconscia che mai

la esaurisca). Ma è pingue, bonario

decrepito fin da quand'è nato e presto

i lineamenti gli divengono bizzarri

proprio come uno di quei poveri fanciulli

che invecchiano precocemente: spunta

la tuba la sciarpa il naso storto e lungo

(di solito si nega la carota ad un coniglio!)

greve di respiro troppo terrigno.

Per non soccombere bisognerebbe avere

fiato d'angelo e tuttavia non basta

il corpo bianco; bisognerebbe vivere

in eterna notte ma tu non hai neppure

gambe per fuggire feroci raggi

del nuovo giorno, molto più feroci

dei corvi: non c'è posa o aspetto

che li storni. Col sorriso di chi ha vissuto

un sogno ti sciogli lento, neppure

nell'incipiente ghigno riesci a guardarti

intorno.


Da Acquerelli gotici (edito in proprio, 2020)