La signora che sta per partire e Viaggio breve attorno a casa, di massimolegnani
La signora che sta per partire
di massimolegnani
Mi accesi un sigaro e solo in quel momento, alzando gli occhi dalla breve fiamma dello zolfanello, mi accorsi di lei. Seduta sul suo piccolo baule anziché su una più comoda panchina, mi colpì per il profilo altero, il busto eretto e lo sguardo perso in un punto lontano che forse nemmeno esisteva. Sembrava completamente estraniata dal frastuono della stazione e indifferente alla neve che cadeva copiosa. Stette in quella posa a lungo, come un'assenza, il cappello amaranto e il cappotto in tinta che lentamente si tingevano di bianco. Solo quando fu annunciato il rapido per Vienna lei riprese vita, si alzò scrollandosi la neve di dosso e, afferrato il manico del bauletto, si portò a ridosso dei binari, pronta a balzare sulla carrozza che le si sarebbe parata davanti. Il treno con una frenata aggraziata le scorse quasi per intero davanti agli occhi e lei a sua volta fece scorrere occhi divenuti febbrili su ogni scompartimento, su ogni volto che intravvedeva dai finestrini. Poi stette immobile davanti a uno sportello spalancato senza decidersi a salire, come colta da un improvviso ripensamento. Il capostazione era pronto a fischiare e dopo aver pazientato qualche istante, la rimproverò infastidito, forza signora, salga, il treno non può aspettare i suoi comodi. Lei scosse impercettibilmente la testa, rimase ancora lì per un minuto, inebetita, poi mentre il treno ripartiva girò sui tacchi e si allontanò con un passo affaticato come se nel frattempo fosse invecchiata di anni. Il capostazione spalancò le braccia desolato e si rivolse a me che avevo assistito alla scena: viene qui quasi tutti i giorni e mai una volta che sia partita.
Viaggio breve attorno a casa
di massimolegnani
Capita a volte, è capitato ieri, che la nebbia, dopo che per ore aveva fornito una solida giustificazione alla tua pigrizia, improvvisamente svanisca proprio all'ultimo, quando ormai pensavi di averla fatta franca. Un sole imperativo sgretola il tuo alibi e ti condanna al movimento.
Allora, di malavoglia, ti dedichi alla complessa vestizione invernale del ciclista, la maglia termica i pantaloni lunghi in goretex il pile il passamontagna sotto il casco la giaccavento imbottita i guanti da sci, indossi tutto con una certa solennità come si veste dei suoi panni il torero ormai disamorato ma ancora ligio al pubblico e al toro in attesa nell'arena. Qui non ci sono olè né picche o corna acuminate, ma è una sfida comunque: il gelo, il cigolio delle ginocchia, la ripetitività dei gesti, il dejavù dei luoghi, ogni elemento è qualcosa da sconfiggere. E se nulla puoi per le ginocchia o per il movimento circolare dei pedali, appena uscito dal cancello t'inventi almeno un percorso che sia diverso dall'usuale. E allora prendi il tragitto stretto e scivoloso lungo il canale verso Albiano, più adatto ai piedi che ai pedali, ti basterebbe una breve distrazione, una placca di ghiaccio, un sassolino troppo tondo sotto la ruota e ti ritroveresti in acqua. Ma tu vai, intrepido e incosciente, come quel torero che stufo di schivare e provocare, getta lo spadino e la muleta e afferra il toro per le corna, tanto per sentire il brivido del nuovo e del pericolo. E vai e scopri che è differente lo sguardo dall'alto della sella, nuovo è il paesaggio, vergini i luoghi, l'acqua che scorre, i pioppi bianchi, gli alveari in letargo, il grano appena nato, il sole che ti scalda. Pedali pigro e stupefatto, pensi al torero in groppa al toro e ridi, che sei vicino a casa e ti sembra di essere lontano, immerso come sei nel quasi nuovo e quasi bello.