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Il filo dell’arcolaio, di Daniela Faragli, edito da Prometheus e recensito da Patrizia Fazzi

Il filo dell’arcolaio, di Daniela Faragli, edito da Prometheus e recensito da Patrizia Fazzi

Il filo dell'arcolaio – Daniela Faragli – Prometheus – Pagg. 112 – ISBN978-8882202644 – Euro 12,00



Il filo dell'arcolaio': questo il titolo della raccolta di racconti di Daniela Faragli (Prometheus, 2019). E un filo sottilissimo percorre il libro fin dalla Prefazione scritta dall'Autrice, offrendo la spiegazione del titolo: “Ero piccola, quando mia madre lavorava a maglia: la vedevo intenta per ore a tendere sapientemente il filo tra le dita, a torcerlo o intrecciarlo con abilità mirabile. Capitava che con lei lavorasse un'amica o una compagna di mestiere e allora, senza mai fermare le mani dell'opera loro, parlavano di tante cose…Ed io allora, persa in quel flusso di parole pronunciate di seguito con la pacata certezza che nel discorrere non vi era fretta, mi figuravo che fossero come un filo… L'idea che parole ordinate, cariche di senso e di fascino, sembrassero un filo che lega, cattura e avvince, mi sembrò più chiara quando cominciai a leggere le fiabe. Le parole stampate nelle pagine… mi tiravano come un filo invisibile in un mondo dove tutto l'impossibile sarebbe diventato possibile(pp.5-6)

Già da queste parole il temine ‘filo' esprime interamente il suo significato di legame, connessione - materiale e interiore insieme - tra le storie vissute e le parole usate per raccontarle. E questo ha fatto Daniela Faragli nella stesura del libro: ha collegato, narrandole con grande rispetto e sapienza espressiva, storie di donne diverse nel tempo e nei luoghi attraverso “il filo delle parole”, usandole anche lei come fosse la filatrice esperta e attenta che dipana la matassa ‘con amore certosino', proprio come la donna ritratta nella bellissima copertina, che riproduce il dipinto Donna che fila di Gerard ter Borch.

Sette sono i racconti che si susseguono e altrettante le figure femminili di cui è narrata la vita e vicende: Emma (Come una gemma a primavera), Anna (Da sola), Marta (La striscia verde), Anna (Passeggeri del tempo), la mamma e figlia del racconto Un fiore, Sara (Tornerà), Dora (Dora). E non sono vicende semplici né felici, anzi sono donne provate dalla vita coniugale o dalla durezza della società patriarcale e dei pregiudizi sociali, donne torturate dal difficile rapporto con i figli oppure dalla malattia.

Emma, protagonista del primo racconto, ha visto morire la figlia quasi neonata per denutrizione e poi ha subìto l'odio di un'altra madre solo perché in un incidente suo figlio è sopravvissuto e il figlio dell'altra no. In Da sola Anna ha dovuto aiutare un figlio prigioniero della tossicodipendenza, mentre Marta, protagonista del terzo racconto La striscia verde, ha lottato a lungo con un tumore al seno e i problemi di una adozione internazionale tanto desiderata e che sembra sfumare.

E ancora in Un fiore la figlia ha dovuto vivere per anni nell'angosciante situazione dei genitori separati in casa; in Tornerà la protagonista Sara aspetta per anni ostinatamente il ritorno del figlio sbandato e scappato di casa, senza sapere niente di lui. Infine Dora è una straordinaria madre coraggio che non si rassegna alla malattia della figlia e lavora tutta la vita instancabilmente illudendo se stessa e gli altri.

Viene da chiedersi perché l'autrice abbia scelto di ripercorrere le vicende di figure così tormentate. E la risposta è già nella frase finale della Prefazione: per far percepire ‘'il valore straordinario di storie apparentemente ordinarie” (p. 7). Daniela Faragli, narrando dettagliatamente queste storie ‘ordinarie', ha voluto attuare una sorta di ‘rovesciamento' della visione comune: ogni donna, anche la più umile e semplice, è, nel proprio contesto, un'eroina straordinaria, la protagonista di un ‘epos', di ‘gesta' come quelle narrate nel libro che Emma, orma stanca e malata, si fa leggere dalla gentile badante Aurora e nelle quali si riconosce. “Anch'io sai, – dice Emma – sento di essere diventata libro, poeta e cavaliere… il tempo mi ha fatto diventare poeta delle mie ‘gesta eroiche', di quando anch'io ho indossato l'armatura per ripararmi dalle ferite mortali… credo di essere vissuta così a lungo per custodire le infinite pagine della mia vita, perché non andasse perduto il loro senso” (pagg.16-17). Ed allora Emma narrerà alla badante tutta la sua drammatica vita in forma di vero poema in versi.

Ma queste “gesta eroiche”, vuole sottolineare l'autrice, non sono solo appannaggio e privilegio di figure mitiche, socialmente privilegiate, donne sulla cresta dell'onda perché agiate, realizzate e baciate dal successo nella professione. Così, in un‘epoca in cui si tende tanto, peraltro a ragione, ad esaltare e premiare donne che hanno raggiunto traguardi importanti finora negati o riservati agli uomini, la scrittrice ci ricorda quanto sia stato e sia ancora duro, irto di ostacoli e inevitabili sofferenze il ruolo femminile nella famiglia e nel lavoro e quindi quanto importante sia sempre la loro funzione, il loro apporto. Ci ricorda di quanta attenzione comprensione e aiuto abbiano bisogno.

Si prospetta così l'altro lato della medaglia: il giudizio sociale negativo, la violenza psicologica – a volte anche fisica – a cui tutt'oggi le donne, anche quelle famose, sono sottoposte e quindi la grande forza d'animo e di carattere, lo spirito di sacrificio che ogni donna – figlia, madre o moglie che sia - deve mettere in atto per accudire, reagire, difendere la sua dignità di persona.

Se questo è il filo che collega le sette storie e quindi il messaggio interno, perfettamente raggiunto, della raccolta, occorre evidenziare un altro aspetto del libro e cioè la forma in cui è scritto. Si nota l'ampiezza sintattica dei periodi, l'estrema cura lessicale, le citazioni classiche, la dettagliata descrizione dei gesti, stati d'animo, azioni dei personaggi, ognuno scavato e scolpito come in un quadro. L'autrice, pur non dandoci indicazioni geografiche, delinea gli ambienti, i paesaggi, le varie ore del giorno usando con naturalezza e proprietà tempi verbali, similitudini, andamento narrativo, avvincendo il lettore pagina dopo pagina fino alla fine di ogni storia. Si avverte distintamente il bagaglio culturale derivante dalla sua formazione classica che le permette anche, in alcune pagine, di ricorrere alla versificazione, facendo parlare le sue eroine come in un antico poema o un moderno canzoniere.

Tanti sarebbero i passi e i brani da citare e leggere di questo libro che l'autrice ha costruito con cura, come un vestito da indossare quasi di persona e da offrire al lettore, ma in particolare è da sottolineare, oltre la dedica in latino per i figli, la prosa ritmata Dietro la porta con cui inizia il libro. Una pagina strettamente autobiografica che ci riporta ad un altro filo del libro, quello del valore che lei, come chi scrive, dà alla lettura e alla scrittura. Qui Daniela ripercorre in un crescendo i suoi passi di bambina che sale verso la soffitta, incantata dai libri sfogliati come un tesoro magico, capace di suscitare ricordi, immagini, suggestioni, fantasia creativa.

Lo stesso tema ritorna in Passeggeri nel tempo – unico racconto meno drammatico ma sapientemente scritto, in cui la protagonista trova nella lettura un momento di libertà e fascinazione e - non caso – questo racconto si è classificato Primo tra gli Inediti del Premio “Tagete” 2019. Il libro “Il filo dell'arcolaio” ha inoltre ottenuto la Segnalazione come Finalista del Premio “Tagete” 2021



Patrizia Fazzi